28.10.06

rischio

ci fosse un sole quadrato nel cielo, non sussulterei, tanto mi sento estranea alla vita oggi. Mentre tu consumi gli sguardi con lei, con la carta assorbente asciugo i ricordi che trapelano piano.
L'aria si è irrigidita : fuori dal tappeto rosa della mia stanza s' incrociano i passi frettolosi di tanti. Ma il mio, incerto, aspetta che si stinga un po' di più il giorno per arrischiare la guerra.

27.10.06

anoressia

L’anoressia è un male minore, sembra. Minore di me, in ogni caso. Della trasparenza quando mi guardi attraverso le parole, messe in riga sul foglio. Dici che cosi fai una poesia. Anche io scrivevo, prima di conoscerti. Ma poi le parole si sono incastrate cosi, come un tappo, alla bocca dello stomaco. Meglio non mangiare, stare leggeri, dici.

In biblioteca si infilano i caffè. Ce la posso fare, mi dico : poi mangi stasera. Ma la sera è colpa della finestra. In cucina, non si chiude. Fa troppo freddo per preparare. E poi mangiare va contro tutto. Oggi per esempio mi sento svuotata. Sara’ forse che, appunto, non ho mangiato, e nemmeno ieri. Forse che cosi il cervello si mangia da solo.

Basta i pensieri, l’analisi, le ore ritagliate al sonno.

Basta essere diversa, essere tout court. Spariro’ invece in quella piega d’aria che si crea tra i nostri sguardi, quando scivolo accanto a te come in un soffio. Quando le parole sono difficili e stente. Dopo la contrazione arriva il vuoto dietro la nuca, il ronzio nelle orecchie è più forte del rumore intorno. “Sono stanco, non è questo il momento”, dicesti cosi’ l’ultima volta.

Da qualche parte le tue parole si sono coagulate come un tumore. Potessi trovarle, trovarti. Sventrarmi, svuotarmi. Intanto il vento mi fa da contorno. Ho regalato la cintura rosa dei jeans nuovi. Sai quelli carini, come quelli che si usano adesso, chissà se mi guarderesti, chissà.

La rue Mouffetard è obliqua, il selciato grigio di pioggia. La scuola sembra un miraggio arroccato li’ al terzo piano, sotto i portici. Le porte verdino mi danno il capogiro, ci sono troppi rumori. A casa c’è il materasso nuovo, troppo grande e freddo, come una conchiglia morta. La notte sono una specie di larva molle e gelida, alle quattro gli occhi come spilli hanno forato il palloncino scuro dei sogni. Il tuo respiro dolce e velenoso si muove lontano.

Il giovedi’ è il giorno dei conti : il divano ha un lenzuolo giallino che ricorda vagamente il mio. L’orologio è spostato di lato. Appena mi stendo la testa comincia a girare. Tremo.

Scendere non è mai facile, risalire è un attimo accecante come un parto. Il vialetto del dottore del cervello è pieno di fiori rosa e bianchi : il bastone di san Giuseppe, lo chiamavamo cosi’.

Quando esco l’asfalto sembra sciolto ed il tempo una finzione. La tua voce al telefono è stridula. Dovrei essere pronta, dici, a fare l’amore col primo che passa. Sarebbe questa la guarigione? Guardo le ombre che sfilano sul marciapiede, si riversano informi dall’uscita del metro. Un crampo da qualche parte reclama pane, ma è tutto chiuso e non ho un soldo in tasca.

La notte è arrivata, posso solo spingerla ancora per qualche ora.

Il bar di Ménilmontant, il giovedì, si riempie di gente. Quando arrivo pero’ ci sono solo Tonino e Francesco coi loro strumenti. Immancabilmente mi offrono una sigaretta e un bicchiere. Mi chiedono di ballare, io dico che sono distrutta. Sorrido vaga. Poi arrivano tutti, gli amici, la gente. Io mi ritraggo all’ombra del violino di Filippo. La pizzica sul boulevard de Ménilmontant è uno squarcio abbacinante di calce e di mare. I tamburelli rincorrono l’origano, il sale, le olive nere, l’odore del mosto e gli scogli appuntiti sotto i piedi nudi.

Quando le spalle sono troppo pesanti torno piano a casa. Sarah è stata violentata proprio qui un mese fa, devo fare attenzione. Ma Sarah, si dice, non viene dal Bronx.

Un tempo tornavamo ridendo insieme. Ma era una bugia. L’uomo tondo era una bugia. L’ho incontrato alla fine del cerchio, piangeva stringendo le mani. L'uomo tondo, quindi, era una bugia, cosi come lo era il sorriso di Heidi.
Quale debolezza ci spinge a credere nelle bugie? Quale forma di protezione insana può sviluppare la mente? Mettersi in cerca delle risposte è un rischio grande : ad ogni passo voglio tornare indietro e ricucire gli strappi nella coperta gialla. Li', dove finisce l'orizzonte, c'è un taglio netto. Alla fine dell'arcobaleno mi sono accorta che mi sanguinavano i piedi.

Per questo devo svuotarmi, per questo, per altro, per tutta la storia.