3.10.07

Scrivere

Forse dovrei imparare a scrivere, come vorrei saper scrivere!
Aprire il blog e dire la mia su questo o quello, il traffico in strada, i monaci uccisi in Birmania. La birra di ieri sera durante il GdR o il nuovo colore di capelli del pomeriggio.Tutto insomma, parlare di tutto fuorché di me, delle mie seghe mentali sugli HP, aspie e roba del genere.
Invece rieccomi cone uno yoyo che tanto non sono mai riuscita a giocarci. Chi se ne frega, non ne ricordo neanche uno di gioco che sapessi fare.
Invece ero sempre con un libro in mano, nascosta fin sopra agli alberi nella mia bolla di silenzio. Oggi scopro che l'ipersensibilità sensoriale è forse patologica. Forse le mie poesie blu che si possono a scelta mangiare o udire sono solo il sintomo di una disfunzione.
Mi vengono in mente la sedia gialla ed i girasoli di Van Gogh... e lo stomaco attorcigliato alla National Gallery. Pensare che quel poveraccio aveva solo dipinto quello che vedeva. Quella sedia inquietante è solo un esempio della sua sofferenza. Una specie di esorcismo. Noi siamo li' impalati a riempirci la bocca chiamandola arte, ma per lui era forse altro. Un esubero di linee e colori che premevano la retina, una specie di indigestione di immagini.

Elimina i dati personali, adesso

Trovare quelle parole, quella pelle di stelle, cosi simile ai gelsomini nella strada delle villette, e quell'alba mostruosa cosi' simile agli occhi infuocati del mattino è stata dura.
Resto alla ricerca del senso delle cose, delle storie, l'inizio e la fine... una ricerca piu' forte di tutto, una ricerca senza oggetto. Di quelle che sai che non ti puoi sottrarre, che non potrai mai finire.
La solitudine qui è come il piombo che fodera la bara : non si vede. Cerco un'identità in tutti i modi, in ogni direzione, persino in quella dei malati di mente. Sono a un passo dal fare i test e spengo tutto : elimina i dati personali adesso. Elimino.
Donato dice che sono fondata sul vuoto, la solitudine è quindi strutturale, fondante e fondamentale.
Saranno state quelle notte infinite, quel baratro sfiorato dalla culla. Oppure un difunzionamento del cervello. Una cattiva interpretazione dei dati.
Chissà se dare un nome a questo stato cambi veramente le cose. Forse no, forse non c'è speranza.