6.3.08

qualche giorno dai miei

la puglia sa di umido rappreso sui muri. come una plastica sui vetri a sfumare il paesaggio. e pensare che ero venuta a cercare il sole. nella vecchia cucina c'è solo il rumore del frigorifero, la voglia di sapere appassisce inerte ed i metro sono lontani più di un sistema solare. 
qui è un altro tempo, fatto di buchi improvvisi che risucchiano il cervello. il tempo si raccoglie intorno alla tovaglia cerata ed alla frutta finta. stiamo ancora aspettando di vivere. di uscire. di incuriosirci. di scoprirci.
capisco, ora capisco, i mondi incantati dei libri d'infanzia.
quell'affastellarsi di stelle dietro le palpebre.
capisco i versi come un chiavistello magico fatto di bianco. quel perdersi improvviso sulla pagina, come deragliando dai binari dell'inchiostro. cosi' è la poesia, dice la maestra : si va a capo.
il bianco fagocita il nero. l'assenza ridimensiona lo scritto. l'attesa si confronta alla vita.

"allora capovolgiamo il mondo", dico.
e sei arrivato tu.
e sei andato.
tornato.
qui.