16.12.07

denny

denny arriva tra poco. come lo zucchero ad alfredino. mi ricordo di lui, nel pozzo. mi ricordo del nonno nicola e della poltrona di finto cuoio rosso. mi ricordo del bambino morto nel pozzo. mi ricordo che volevo morire, ma non sono morta, perché non si puo' decidere.
quindi denny arriva. perché non si puo' decidere. perché da qualche parte una farfalla avrà sbattuto le ali e determinato che qui a parigi ci sarà un po' d'amore anche per me. denny non sa di questo blog, e se lo sapesse, forse, ne aprirei un altro. perché certe cose, mi dice, non si devono dire. certe ombre scure e dense è giusto tenersele per se. allora scrivo e penso ogni tanto a chi passa di qui. penso a dippi' (vorrei un giorno vederlo davvero) ed alla salernitana, che prima di conoscerlo, manco lo sapevo che era una squadra (ops). penso a b., ai suoi occhi come fulmini di carbone, al tormento della mente, quando affonda le unghie nello spirito. quando si ostina a costruire formule, come se la pietra filosofale esistesse davvero. bello sognare con lei, come se il mondo, a volte, ci somigliasse. vorrei un mondo solo di lei e me, di formule e di sesso. e l'amore che si spiega in cifre, la pelle in precise geometrie...
penso a d.c. e a el. che passano in silenzio di qui. che leggono e non lasciano commenti, che forse più di tutti capiscono senza conoscermi. mi sento meno sola, quando li incontro qui.
mi sento come se parigi non si stesse svuotando del mio amico. ma perché. perché. 
in più la bottiglia è finita, solo per ridere, avrei dovuto averne di più per stanotte.
ma denny arriva. e devo ritrovare la coperta arancione stasera. 

whisky

Quante volte. quante volte il pomeriggio della domenica. odio il pomeriggio della domenica con le sue nuvole bianche, quando i morti volano e le ombre sanno di sangue rappreso.
c'era la canzone di Amelie in macchina, tornando dal 92. poi c'era piaf, c'erano le finestre illuminate del foyer. c'erano gli occhi di vetro ed il pomeriggio. il pomeriggio interminabile della domenica. c'era la mascherina sul sorriso alla finestra della policlinico. odio i dottori. li odio tutti. uno ad uno. messi li' in fila. e poi uccisi. uno ad uno. anche candy con la sua inutile bontà.
la foto in bianco e nero sulla sua scrivania era corrosa sul muro, o dentro, dentro il petto. con la cornice blu. col post-it giallo. più dentro. poi chissà dove si va a finire, se si va più in fondo. lungo le vene, dietro la schiena, lungo le ossa lunghe. sotto i piedi. ed il parquet. il gatto bianco fissa il muro come un pazzo. invece io non posso neanche guardare fuori dalla finestra, perché il vetro si è offuscato, come se facesse caldo qui. invece ho il cappotto addosso e stringo i pugni nelle tasche per non fare vedere che tremo. tanto lui ha sempre pensato che io fossi la più forte. tanto lui non fa eccezione qui  (ma solo nel mio cuore). quindi alla fine mi sono seduta sul letto. proprio alla punta, come in biblioteca. ed era quasi naturale sentire che era morbido. sentire il contorno dei pensieri come un tumore sporgente sul cranio. seguire sorridendo la strada conosciuta. guardare le labbra di chi sta raccontando e cancellare i suoni. tutti i suoni. le voci. anche senza calcestruzzo e senza mattoncini rossi, la torre s'innalza snella e superba. cosi' alta è stasera, da nascondere il cielo. penso alle pillole bianche, come non facevo da mesi. so che appena arrivero' a casa, correro' a cercarle in bagno. poi mi ricordo che sono scadute, che un giorno che ero forte le ho buttate via. mi ricordo che avevo riempito una busta intera, cercando in ogni cassetto, sotto il cuscino, in bagno ed in cucina, in tutte le borse.

15.12.07

viandante senza strada

una password per entrare nella mia testa. come se fosse semplice, quando fa freddo, aprire la porta. quando fa più freddo, e si gela, come oggi. come un vecchio meccanismo, fedele oltre la ruggine. si ripetono gli automatismi, tanto per sentire il fondo del sacco. dove conosci ogni fibra, la puoi seguire col dito. e ti dici che da qualche parte porteranno, ma no, ritornano al punto di partenza, si ricongiungono, all'inizio. sarà forse perché nell'universo non esistono linee rette. almeno cosi dicono coloro che hanno la presunzione d'intravederne la trama. perché dovrebbero esistere linee rette nella storia. perché accanirci a dire che bisogna progredire, avanzare.
bisognerebbe trovare la curva, la spirale giusta e li' sopra annientare i sensi, e la mente insieme.
chè come il sommo poeta, le linee curve dell'universo sono la grammatica della follia.
e a chi è dato di poter guardare, e di poter intuire, l'immensità, bisognerà chiedere pietà affinché taccia per sempre.
cosi' ci sono certe storie quotidiane. certi episodi, importanti come il battito d'ali dell'instancabile famosa farfalla, certi episodi, dunque, che rimani a guardare e di cui ti sembra, a volte, di intravedere il senso. ma taci, taci per sempre, finché la morte non ti separi dalla coscienza (che non hai mai voluto), perché tanto si è deciso che il libero arbitrio esiste. si è deciso che utilizzare il proprio metro è egocentrismo. e che è sbagliato, è male, è peccato. e i peccatori bruceranno all'inferno. purché dio faccia presto, pero'.

10.12.07

Kock per Dippi

Le frattali non sono un parolaccia... come ho cercato di spiegare qualche giorno fa ai miei compagni di classe, sono la traduzione matematica della formula delle nuvole, della disposizione dei rami degli alberi. Significa trovare un senso in quei luoghi dove la matematica, fino agli 70, si rifiutava di entrare. Penso che tutto abbia una curva, un disegno. Anche le notti che si spalancano con una fiaba, quando si è piccoli, e il buio è immenso e immaginifico (anche quando nelle notti avanza la morte coi suoi piccoli e gelidi passi).
Questo è il mio fiocco di Kock, credo, come la scrittura...
(da gennaio lavorero' per un progetto che prevede di sviluppare un software capace di "capire" l'andamento dei segni grafici, delle scritture. Si baserà sull'analisi frattale. E' una grande sfida, credo)

20.11.07

Non verro' domenica

No, non verro' a cercare il tuo volto come fosse uno squarcio tra i miei pensieri.
Sarebbe l'ennesima piccola morte, di quelle che m'infliggo troppo spesso, troppo gratuitamente.
Si piange sotto il cappellino grigio che mi hai regalato. A parigi tutto è immobile e le storie si incollano come le foglie al marciapiede bagnato.
Quindi eri li', in quel brutto e anonimo posto, davanti al caffé, davanti a me. Mi dici che vai a vivere con lei.
Piove di nuovo a Ménilmontant mentre ci lasciamo. Mentre piangi.
L'aria del mattino si chiude di nuovo sui miei capelli freddi, alle quattro del mattino, dopo l'incontro fortuito e inatteso sul bordo dei versi di Leopardi.
"Tuo per tutta la vita" : hai firmato cosi' per anni centinaia di volte.
Ma è un caffé di merda sulla rue de rivoli, che ci facciamo noi in questa strada.
Ho addosso la stessa salopette di sempre e ti dico che mi resta solo un paio di pantaloni da mettere. Non trovo altro da dire tra i rumori della strada. La tua voce ritaglia progetti di vita con lei : si dice che quei rumori strani che si sentono a volte.. siano il rombo del sangue nelle orecchie. Tu parli di andar via senza un cenno... io ascolto il mio sangue impazzito. Pietoso, forse. Non ascoltare, proteggiti. Torna al campo a piantare specchietti.
Il compagno di strada si è dimenticato. Non è più compagno e non c'è più neanche una strada. Ce ne sono almeno due... 
Il peggio è il tuo entusiasmo. I tuoi occhi che guardano il futuro e non vedono più niente oltre il bordo della tazzina. Forse è per questo che quando finisce il caffé mi dici "on se casse".
On se casse, bien sûr : et pourquoi rester d'ailleurs. On se casse avec ton air affecté de banlieue. On se casse, on casse tout. Rien n'a plus d'importance.   
D'ailleurs.

17.11.07

silenzio

passo dopo passo si sfila la trama, come se avessimo sempre lo stesso vestito.
perché coprire il senso e scoprirlo impegni tutto il tempo da vivere. perché non si conti l'attesa ostinata.
oggi ti lascio parlare, perché la psicologa ha detto che mi stanca. che puoi parlare poco. allora parla oggi mentre me ne sto qui muta sul divano rosso. ed il tempo passa lo stesso. questa è la mia vittoria : lasciare passare il tempo che non ho voluto.
non appena poggio le dita sulla tastiera comincia la danza. cos'altro vuoi che sia questa scrittura. un modo per tenerti calma, ogni tanto. per costringerti su binari unti e strapparti al cielo.
questi sono i binari in codice binario dove puoi correre e inebriarti come senza la camicia di forza. quella degli altri giorni. che ti sta bene. che ci sta bene.

15.11.07

Da qualche parte sopra l'arcobaleno

Che canzone come una favola. Sai quando le favole si spengono piano nell'orecchio, la sera. Mentre qualcuno ti tiene la mano mentre scivoli sotto il buio. Come fare, più tardi, ad avere paura del buio? Proprio allora quando il mondo si disegna, come il fiocco di Koch... quando lo spazio ti viene incontro e si dilata. Si rigira, si sventra, si accascia e si rigonfia. Come avere paura del capogiro, se le mani sono strette sotto le coperte e sai che alla fine della notte c'è un nuovo mattino pungente al campo. Un tesoro da disotterare, altre rondini da contare.
Questo è ancora mentre incalza la morte col suo passo freddo, come il fiocco di Koch.
Ma i bambini sapienti si occupano solo di cose serie. C'è un formicaio da salvare prima che passi il gregge. Una pozzanghera da abbellire con fiori di pesco, ed i fiori al limone nel cestino di metallo rotondo.

14.11.07

La squadra

il campo dei miracoli, quindi, si poteva correre in quattro minuti precisi. periodicamente arrivava il concime, una massa enorme di detriti pescati sul fondo del mare. almeno cosi' sembrava. spugne e conchiglie, boccette di vetro e cannucce di plastica. frammenti di momenti estranei. camminare sul mucchio di spazzatura era come sfogliare un album che non ci apparteneva. immaginare la storia di ogni boccetta, ricostruire  mentalmente l'attrezzo di plastica gialla. chissà perché avevamo pensato al mare, forse per via delle spugne.
insomma un giorno che arrivavamo di corsa il campo era mare. vi si trovava di tutto. per quello lo chiamammo "il campo dei miracoli".
li' ci si poteva convincere di seppellire un'idea, un sogno, anche un ricordo. sicuramente sarebbe nato l'albero che pinocchio sperava. con tante foto di mamma come specchietti per le allodole.
al campo si correva in segreto, dopo un sussurro sbrigativo fra piccole orecchie.
dal campo partiva il mondo. finiva la realtà e cominciavamo noi.
Fu cosi' che nacque la "squadra", dopo il giuramento con le mani sulle ragnatele come prova di coraggio. L'unico scopo era di proteggere la squadra stessa (ed il campo). 

1.11.07

Il campo dei miracoli

Il campo dei miracoli, ha detto che si deve intitolare cosi'.
Il campo dei miracoli esisteva davvero, ma ora è solo un recinto di cemento : dentro c'è un cane rosso e solo nel pietrisco bianco. Un cane da caccia credo. Invece di abbandonarlo hanno pensato di tenerlo li'. Io lo so che si sente solo, tutto quel bianco deve accecarlo, frantumare i suoi latrati all'infinito. Comunque non è importante, niente è importante : né i cani, né i padroni.
Lontana cosi' come sono puo' anche morire stecchito, che possano tutti morire stecchiti come la mamma.

13.10.07

Sapere che il tempo scorre, inesorabile, è stato il mio più grande chock.
Avere la coscienza esatta dei grani di sabbia della mia clessidra giocattolo.
La solitudine, scaturita dal mio sguardo rinnovato, mi si è cucita addosso come un'ombra. Esisto, per ora. (Resisto?)

10.10.07

La talpa

Ma tanto se te ne vai è solo un'altro cerchio intorno all'albero. Un'altra orma più vicina all'orizzonte, un minuto liquido scivolato come sabbia.
Le parole si sono già assorbite da tempo, le vecchie lettere sono carta straccia, scampoli di poesia che cercava un senso.
Ora dici che l'unica cosa che conti è scrivere, come fosse una realtà che potesse cambiare, un destino a cui potersi sottrarre. Hai l'aria di difendere l'aria e quello sguardo sicuro ma senza fondo.
Quello sguardo come un grido e la febbre sulla pelle.
Che sia la scrittura il senso della nostra vita, o la vita il senso della scrittura... in fondo che cambia.
In tutto questo continui a non guardarmi.
Stai andando via col tuo sguardo cieco.
Ti sei dimenticato.
Ti sei dimenticato.

3.10.07

Scrivere

Forse dovrei imparare a scrivere, come vorrei saper scrivere!
Aprire il blog e dire la mia su questo o quello, il traffico in strada, i monaci uccisi in Birmania. La birra di ieri sera durante il GdR o il nuovo colore di capelli del pomeriggio.Tutto insomma, parlare di tutto fuorché di me, delle mie seghe mentali sugli HP, aspie e roba del genere.
Invece rieccomi cone uno yoyo che tanto non sono mai riuscita a giocarci. Chi se ne frega, non ne ricordo neanche uno di gioco che sapessi fare.
Invece ero sempre con un libro in mano, nascosta fin sopra agli alberi nella mia bolla di silenzio. Oggi scopro che l'ipersensibilità sensoriale è forse patologica. Forse le mie poesie blu che si possono a scelta mangiare o udire sono solo il sintomo di una disfunzione.
Mi vengono in mente la sedia gialla ed i girasoli di Van Gogh... e lo stomaco attorcigliato alla National Gallery. Pensare che quel poveraccio aveva solo dipinto quello che vedeva. Quella sedia inquietante è solo un esempio della sua sofferenza. Una specie di esorcismo. Noi siamo li' impalati a riempirci la bocca chiamandola arte, ma per lui era forse altro. Un esubero di linee e colori che premevano la retina, una specie di indigestione di immagini.

Elimina i dati personali, adesso

Trovare quelle parole, quella pelle di stelle, cosi simile ai gelsomini nella strada delle villette, e quell'alba mostruosa cosi' simile agli occhi infuocati del mattino è stata dura.
Resto alla ricerca del senso delle cose, delle storie, l'inizio e la fine... una ricerca piu' forte di tutto, una ricerca senza oggetto. Di quelle che sai che non ti puoi sottrarre, che non potrai mai finire.
La solitudine qui è come il piombo che fodera la bara : non si vede. Cerco un'identità in tutti i modi, in ogni direzione, persino in quella dei malati di mente. Sono a un passo dal fare i test e spengo tutto : elimina i dati personali adesso. Elimino.
Donato dice che sono fondata sul vuoto, la solitudine è quindi strutturale, fondante e fondamentale.
Saranno state quelle notte infinite, quel baratro sfiorato dalla culla. Oppure un difunzionamento del cervello. Una cattiva interpretazione dei dati.
Chissà se dare un nome a questo stato cambi veramente le cose. Forse no, forse non c'è speranza.

28.9.07

Guardami

Vorrei che per una volta mi guardassi nella mia fragilità, solo quella.
Nei miei fallimenti. Guardami davanti alla montagna di lego, con gli occhi presi dai colori in un capogiro, incapace di assemblarli. Guardami davanti ai quadretti di un quaderno, come una prigione che taglia la mente. Davanti ai tasti bianchi e neri del pianoforte, come un marmo che aspetti il suo michelangelo... invano.
Guardami ora, incapace di parola.

27.9.07

"la morte si sconta vivendo"

E forse ci sono vite fatte solo per scontare, menti incapaci di redenzione.
Dove il dito di dio è certamente affondato di piu' nel fango, tracciando il percorso destinato del tempo.
Persone che trovano temporaneamente sollievo in compagnia di altri viandanti, raccolti quasi per caso dalla vita in uno stesso spazio. Gente che ha la solitudine cucita addosso come un'ossimoro e un destino stretto fin dentro le asole. Individui meschini, incapaci di resistere a se stessi, scampoli di abissi personali che rassicurano il resto del mondo.
Uomini senza diritti, donne inette ed albatros sgozzati.

Per fortuna che c'è questo posto, dimenticato spesso anche dai pochi che lo hanno visitato.
Questo luogo protetto da codici binari, spero un giorno di dimenticarlo anche io.

12.9.07

Maria

Sui muri sanno sommarsi,

ottusi,

i fogli bianchi del tempo,

come una gabbia di matti

privata

con l’uscio sulla mia mente

12 sett. 2007, Triggiano

Sera

Sera

Nel luogo eterno

del giogo amniotico

si apre il bersaglio

delle ferite umide

- l’ora di coscienza

come un guinzaglio corto

che strozza la corsa –

E ricade il tempo.

1 sett. 2007, Giovinazzo

16.7.07

Mantide

la mia casa
triste come una mantide
con gli occhi all'indietro
e due orizzonti blu
da attraversare
in un transito eterno
di speranza e nostalgia.

[Si raccoglie di tutto
su questa strada
bastano anche i ciottoli
purché facciano volume]
sono tornata a bari per il week-end, con solo il vestito per il matrimonio nella borsa, rossetto e mascara. ora è mattina, risveglio in terra anglia, in super ritardo per il lavoro, indugio ancora con la tazzina del caffé. Ho sbirciato le mail, ho tante risposte da scrivere, ma il tempo qui è impietoso peggio che a parigi, chè devo anche fare la turista.
Ieri quando ero quasi all'aereoporto ho saputo che il padre di lea è morto, le ho inviato un sms lontanoe non mi resta che aspettare che torni qui a londra. intanto sono di nuovo sola in casa, mi sento come al solito sbattuta...una notte qui, una là, cellamare-corato-londra-corato-londra...manco da parigi da un mese e mezzo, manco da casa...le strade grigie e verdi, il metro che da di metallo, tonino e la chitarra battente, la scuola che profuma di legno, le biblioteche piene di fruscii, la mia casa triste come una mantide

2.7.07

Meglio di no

Cosi dopo tre giorni riassaporo
quella spezia dimenticata,
quel sapore di straniero
che la lingua rigira in bocca
e mi si riempie il cervello
di asprezza
solo per ricavarsi
un ritmo conosciuto.

Mi ritorna in mente
il tuo sguardo
dell'ultima sera
ma anche
quello del mattino
che ti dissi
che eri un principe
nobile e fiero.

Poi intorno ai sedativi
hai disegnato un albero
senza sapere che il muro
bianco
sotto il disegno
era il teatrino delle ombre
scure.
Mi allontano.

Non era mai meglio
da prima della pioggia
di quando dal fulmine estivo
fu lacero il tempo.
Non c'è mai stata tregua
alle pagine vergini
che la scrittura attende
insonne.

30.6.07

Primo giorno di londra e di pioggia.

A londra c'è il cielo e mi sento scoperta, come se qualcuno fosse venuto nella mia parigi e le avesse tolto il coperchio. D'improvviso mi si ritaglia addosso l'aria di chi non capisce, di chi posa i piedi per la prima volta. Lo sguardo stranito e contento al mercato pieno di ciotole che sollevi senza una parola per fartele svuotare nelle buste. Lo sguardo metodico della polizia al controllo passaporti. Quello ansioso di quando mi accorgo che per attraversare ho guardato dalla parte sbagliata e come uno schiaffo la realtà di capovolge. Si rigira su se stessa come l'abbaino nella mansarda di Denny. Tu sei qui ed io li', ma se guardi tu : io sono qui e tu li'.
Io sono là, sono lontana in italia e vicina in francese. Le parole si rigirano sull'asse della mente, le frasi sono capogiri. Il metro cangiante dell'elettricità nelle cellule nervose.

27.6.07

Controstoria

le ore si trascrivono
lisce
ascolta come s'addensa
la polvere
attorno ai tuoi passi.
Cio' che si perde
è il filo
che trattiene le perle.

io non ho mai scritto

Io non ho mai scritto
questi versi sono come un ricordo
una specie di profezia
un'alga asciugata
sul bagnasciuga.

20.5.07

Assenze

L'assenza è un tema troppo grande, mi devi perdonare se non so rispondere. Il tuo testo è bellissimo e sapiente (mi dispiace per te). Credo che si, si possa dire "mi manchi" in presenza. Ma già lo sappiamo quanta distanza ci possa essere tra due esseri. Anche innamorati. Anche amanti. Poi c'è la paura fredda che non ti vuoi dire. Quella del legame reciso tuo malgrado. Quella presenza che in fondo sta li' proprio a nascondere l'assenza. E lo senti, non puoi mentirti.
C'è l'assenza incomunicabile, quella che ci sembra di vivere in un muro che ci divide da tutto e da tutti, ma che in realtà ci divide da noi. Quella forse è l'assenza più insondabile, quando credi che sia l'altro a mancare e invece - invece - sei tu che manchi all'appello....

Acqua

Il tuo modo di scrivere mi incanta. E facile, talmente facile. Scorre fluido come l'acqua del mio vicino, quando mi gocciola sulla testa. Non so mai da dove venga, quali passaggi misteriosi, quale facilità nascosta. Cosi' scorrono le tue parole, per una strada tutta loro. Corrono in tondo fino a me stessa. Per fortuna non ti vedo. Per fortuna non so a cosa assomigli. Che la musica passa per le parole, o le parole per la musica : ci si capisce. A quale prezzo. Quale.
La strada è stata aguzza e sottile prima di arrivare, come scalza sugli aghi di pino. D'un tratto mi accoro che c'era un altro sentiero, parallelo, e tu su quel sentiero. E il tuo sguardo è un appiglio, il tuo sguardo è coscienza. Che resti fra noi : che resti fra noi.

15.5.07

per elitre

Svegliarsi sa si spugna
me ne accorgo
come dopo un naufragio
sulle lenzuola azzurre

in quell'attimo bianco
di smarrimento
sarebbe bello trovare i tuoi occhi
aperti come un appiglio

uno sguardo

lungo quanto uno spartito
che non hai ancora suonato
e leggi nella memoria
la prima battuta

cosi' si accorcia il tempo
come un crampo improvviso
un ansito che stringa il buio
nel pugno
nascosto dietro la schiena

spugne

certe parole cambiano forma la mattina, come camaleonti. erano ingombranti stanotte, occupavano tutta la gola, come una spugna. poi il risveglio che cerchi il caffé tanto per fare qualcosa e non pensare che lo specchio si è girato di nuovo intorno alle palpebre. che sei nell'altra metà del mondo e i personaggi si scambiano. per un attimo l'altra ti ha strizzato l'occhio.
stamattina è un brivido freddo come ieri, perché ho il tempo per pensare, odio pensare.
il caffé è finito e non ci sono più scuse per sfuggire al giorno. si aspetta. stasera sarà ancora sapore di spugna.

10.5.07

quello che mi fa piangere oggi

Apres tout le QI n'est pas un marqueur de reussite sociale (plutot le contraire en general) et les gens les plus intelligents sont (selon moi) les plus modestes car ils savent que leur savoir n'est rien en comparaison de ce qu'il y a a savoir dans l'univers (merci a einstein pour cette brillante idee).

autodafé (actus fidei)

bruciare i libri, star li a vedere come le pagine si accartocciano, come l'inchiostro diventi d'argento sul foglio nero, un attimo prima che si sbricioli.
star li a guardare come la coscienza si spenga, ripiegata su se stessa. Alessandria brucia. E con lei le leggende. La convinzione stolta e ingenua di sapere. i libri bruciano, i cartoni e le pergamene, le miniature ed i fermagli. le cronache universali che cominciano da zero. quelle di dove siamo figli di Enea, dove Merlino soffia saggezza all'orecchio del re. Dove i popoli si autocelebrano in un pazzia collettiva.
bruciare tutto.

9.5.07

il sito

l'anno finisce ed il tempo si asciuga, rimangono le tracce sui muri come quelle del sale sull'asciugamano alla fine del sole di agosto.
certe cose finiscono quando non te l'aspetti, è più difficile capire come a un certo punto ti ritrovi fuori. qual'è la strada che avevi intrapreso, è perché.
sono fuori dal sito come da un'indigestione, inseguita dai commenti avvelenati di chi ci crede. a quanto pare si devono amare per forza le fragole con la panna, gli "sguardi impiglaiti nelle nuovole", le atmosfere rarefatte e quent'altro. mah.
in realtà non c'entro proprio niente con questo sito, era solo per fare contento donato. era solo la curiosità dei commenti. alla fine inaspettati ci sono stati certi incontri virtuali. grazie almeno dippi, blue e casti....che tristezza pero', che tristezza...

8.5.07

perché non scrivo più

[confessioni senza sintassi]
è che a leggere certe poesie mi innervosisco. basta coi tremiti, le foglie, i veli, le nuvole i sussurri e le fragole con la panna. ne ho abbastanza di melodie e arabeschi, fiori e perbenismo. è tutto un guazzabuglio rivoltante, un narciso che si mangia la coda. ne ho abbastanza.
tanto la vita è altro. sono i semafori che funzionano per tutti e che la notte se ne vanno in standby. sono i riflessi sulle vetrine lucide del centro, quelli mentre passi e che manco ci fai caso. sono i libri impolverati di una libreria che l'impiegato ha dimenticato si spazzolare. sono le monete in fondo alle fontane come sogni a cui si rinuncia, fardelli che riparti più leggero.
poesia è tutte le volte che ti fermi a pensare alle "corrispondenze" e sai che tanto non potrai parlarne con nessuno. poesia sono le parole che non scrivi mai (e saresti stato un grande poeta).
poesia è un paio di occhiali che non hai mai voluto, uno sguardo lucido e terribile su di te e sulle briciole sotto il frigorifero (la notte speri che qualche topo arrivi).

3.4.07

relatività

ancora due giorni e ritrovo il mare.
qui a parigi c'è tanto sole che quasi mi dispiace di partire, il ciliegio del giardino è in fiore ed oggi per la prima volta non ho messo le calze sotto la gonna.
et pourtant...
sento già l'aria fredda dell mattina nei campi, gli odori pungenti e formicolanti dell'erba, il sussurro incantatore degli ulivi.
spesso si dice di voler lasciare la città per trovare qualcosa che sia più "a misura d"uomo", come un paese... io ho fretta di raggiungere la campagna per perdermi nell'immensità...
qui è tutto il contrario, tutto è stretto, anche l'aria si riduce. Si respira quella che è già stata nei polmoni del tuo vicino nel metro. I prati sono circondati di fili di metallo per non rovinare i fiori, i rami bassi degli alberi sono tagliati (imposssibile, oltre che vietato, arrampicarvicisi), le fronde si stagliano in alto, troppo in alto. Te ne accorgi seguendo il tronco con lo sguardo con un movimento inabituale del collo. Vedi le foglie come incollate su un cielo azzurro da capogiro. E ti chiedi se sia vero o solo una plastica dipinta.
voglio tornare a sentirmi piccola. voglio riavere la misura esatta delle cose.

1.4.07

diam

Feuille blanche, à l'heure qu'il est j'suis en instance de divorce
Une fois de plus, j'ai foutu en l'air un homme et son désir d'avoir des gosses.
J'tai connu, j'avais le sourire et jt'aimais grave
6 mois après, je ne te veux plus dans mes bras
J'ai beau te trouver des defauts, créer des conflits
Tu dis que j'suis skyso et que c'est ça qui nous détruit
C'est vrai, t'es un mec en or, et toutes les filles te veulent
J'suis désolée mon coeur, mais tu n'est rien devant ma feuille
J'ai beau me dire que j'ai passé l'age des passades
Qu'il faut que je me case, car une femme c'est stable, mais nan
Je fais semblant d'etre belle, semblant de te plaire
Peut être que je recherche un père plutôt qu'un mec
J'en sais rien, mais ce que je sais, c'est que je vais tout foutre en l'air
Toi, ta belle bouche, et tout l'amour que tu me fais
Laisse-moi tranquille, s'il te plait part en silence
Tu n'est plus l'homme de ma vie, face à ma feuille blanche

J'ai juste envie de tout foutre en l'air
Peu importe l'amour qu'il y a sur terre
Au diable le bonheur des gens
Plus rien me tente, face à ma feuille blanche


J'ai toujours désiré l'amour, celui qui te rend fou
Même après les coups, j'ai tout donné pour qu'on me couve
J'ai vue en l'homme le seul remède à mon malheur
J'ai vue en toi un peu de bonheur, le baby boom de mon coeur
Alors jt'ai fais la cour, et j'ai voulu que tu me gardes
J'ai voulu que tu crames ma triste vie à coup de flammes
Tu sais,je t'admire, les autres ne te valent pas
Toi tu me parles pas de filles, toi tu ne parles que de moi
Et je m'en veux de nous détruire, mais je m'envole
Parce que j'ai ce besoin d'écrire et de leur dire que je suis folle
Mon amour, tu n'as pas ta place au milieu de mes mots
Tournes la page et tu verras comme tu es beau!
Va! Détestes-moi,cherche une autre femme
Je ne mérite pas tes larmes, ni même la haine que tu m'épargnes
J'ai tout fait pour qu'on se plante, tout pour qu'on se mentent
Tout pour qu'enfin je puisse noircir ma feuille blanche


Toi tu as rongé mes ongles, tu as détrui mon ombre
T'es la clé de mes songes, tu as balayé mes décombres
Jamais un homme ne pourra nous séparer
T'es parfait, tu m'as épargné la douleur d'être née
C'est passionnel entre nous, j'ai le stylo sous la gorge
Passionnel, t'es ma goutte d'eau même si je déborde
T'as ma vie entre tes lignes, je le sais si tu me fuis
Je n'ai plus qu'à dire adieu à mon public et ma musique
Si tu me laisses, je suis plus rien
J'nai plus de raison d'etre, je n'ai plus qu'à vendre mes biens et à retourner chez ma mère
Je n'ai plus qu'à trouver du taff, mais sans diplôme je serais quedalle!
Je n'aurai plus qu'à tourner la page et oublier qui était Diam's
Je n'aurai plus trop d'amis,j'aurais honte de ce que je suis
Une chose est sure, c'est que je ferai tout pour qu'on m'oublie
Puis je chercherai de l'amour
Et ce jour-la, je regretterai surement cet homme que j'aurai délaissé pour toi

per mezzanotte e dippi

scusate ragazzi ma sono stata costretta a cancellare due vostri commenti dove mi chiamavate per nome. non vi dimenticate che ci tengo a restare anonima...mi sa che per te, mezzanotte, sono costretta proprio a toglierti lo statuto di "autore" altrimenti il mio blog comparirà sempre nel tuo profilo, mi dispiace....!!


30.3.07

il blog

questo blog è "il posto della perdizione"?
se vuoi, mezzanotte.
benvenuti persi e perdenti. spero di poter continuare.
grazie di esserci

24.3.07

blue

no...
ma ora dimmi come faccio.
eri come il sole di notte
quando intorno alle schegge
dei sogni
si frange
la scienza del tempo.
ora dimmi
neanche di nascosto
ci andro' su quel sito
se non posso trovarti.
dimmi che non sparisci.

18.3.07

Controra

Gli occhi delle donne hanno una specie di colore di intonaco scrostato, di strati di vernice alla fine del giorno.
Certe cose sono quelle che non si raccontano, quel sentimento di terra che ti ritrovi dentro alla fine dei conti. Come la posa del caffé sul fondo della tazzina. Decine di caffé, dietro le imposte accostate, alla controra. Una specie di controtempo, contrappunto. Anche quando il sonno tarda a venire, il pensiero corre alla sera fresca mentre il sole brucia l'asfalto.
Questo è il tempo perso, il tempo che deve passare, che si guarda scorrere denso come lo sciroppo sui taralli grossi. Quelle ore che lasciano nella mente come una striscia di sudore sul bordo dei pensieri. Della ragione.
Silenzio, la controra non si disturba. I vicini dormono.
Le brave bambine non battono i piedi per terra. Se ne stanno nella sedia bassa ad aspettare. Se ne stanno zitte zitte a bisbigliare di certi sguardi scambiati a scuola.

Come raccontare il silenzio, lo sguardo immobile, l'attesa. Il tempo si riavvolge, sbianca i ricordi delle nonne come una ruga precoce sulla fronte liscia.
Un campanello impazzito intorno alla caviglia. Mi ricordo. Si racconta.
Fuori, dopo i muri bianchi, lungo le strade dove Dio non ha ancora camminato, svolgero' il mio passo come una danza, fino a dove gli occhi di lui si confondono col mare. C'è un sapore di sale fra i gigli selvatici, sulle dune...

13.3.07

crisi

Stanotte, sfrigolando, sono tornati gli incubi e lo spettro della pazzia si è insinuato ancora nella piega conosciuta, tra il lenzuolo ed il cuscino. Lei era li, piccola e indifesa. Io stanca.
Poi è arrivata Licia ed una nuova crisi : cosi' si è rotto il guscio dell'uovo. L'incubo si è trasformato in sogno... chè ho reagito come non ho coraggio mai. La rabbia e la follia mi hanno resa potente, più di lei, dall'altra parte del muro. Cosi' tra le mani mi è rimasto solo lo schienale della sedia. D'un tratto mi sono sentita vigliacca, presagendo la sua reazione ho cominciato a correre. Giù per scale incerte e pericolanti, facendo i gradini scivolosi a tre a tre, e poi ancora per le strade deserte di una specie di controra serale. Dove, unica sopravvisuta, mi facevo inseguire dalle mie stesse ombre.
Cosi mi sono svegliata sudata : erano le quattro e mezza.
Curiosamente mi è venuto in mente il [sorriso] di diamond ed i suoi complimenti per una mia vecchia frase, dove mi sveglio alle quattro con gli aghi negli occhi.
Certe frasi hanno un prezzo ; certe parole costano di più. Quei versi, in fondo, li ho pagati cari.

20.2.07

con tutto l'amore che posso

vorrei ricordarmi di ogni momento e dell'inflessione esatta della voce. delle sere sedute a fare i compiti, di qualche carezza in più. la verità è, mamma, che vorrei ricordarmi di almeno una carezza. ma non ci riesco. tutto si ferma al suono assordante delle cicale l'estate. ai brividi della pioggia improvvisa sulla maglietta incollata. i ricordi sono come di gesso. si sbriciolano al minimo grido.
come la melagrana [ricordi il gioco dei primi giorni di scuola?] mentre la sera sgranavi la frutta e inventavi una storia.
ora non ci sono più storie. una volta, una volta sola, c'è stata una fiaba. la fiaba dell'uomo tondo. ma poi si scopri' che l'uomotondo, partito in mare con la barchetta, si era perso e non era più tornato. ora si deve giocare ad essere grandi, e le storie sono finite.
l'aereo ha le gambe lunghe, più della fame, del freddo, del dolore, l'amarezza. più della coscienza ma meno, meno, del ricordo.
l'aereo scavalca tutto e taglia come il burro le ore. come a incidere il marcio. lasciare tutto per ritrovarmi senza nulla, sola e ferita. di quelle ferite inguaribili, di cui si è dimenticato il perché.
a parigi ci avevo provato. ma era una bugia per me e per lui. i giorni scorrevano in fretta, troppo diversi per poterli contare. troppo violenti per poterci pensare. ma tra una fermata e l'altra, nel metro', la mente mi aggrediva improvvisa. una sola domanda, come un comandamento, cosa credi? cosa credi di fare?

scarpe

le ore si sfogliano come la copertina di un vecchio libro, dove gli strati di cartone rivelano il succo misero del giorno. sarà il sapore acido del tempo, quando non lo digerisco, dopo una notte finta e un'ansia sudata in più attorno alla gola.
mi stringo nei vestiti come in un abbraccio (e ho freddo). la memoria è un lucchetto guasto ed il mio piede incerto nelle scarpe strette.

15.2.07

mah, che dire? stai sempre guardando il film, mentre io mi perdo di tristezza. ma chi se ne frega della noia triste. chi se ne frega se c'è la tv. nel frattempo ti perdi i miei respiri, le parole che vorrei dirti, i sorrisi che vorrei farti. nel frattempo mi addormentero' e ci in contreremo per la banale buonanotte. io saro' sotto la coperta con un grammo di amarezza in più. tu starai con gli occhi stanchi e un po' di colpa per avermi detto che arrivavi subito e poi no. ma va. qui ci perdiamo insieme, ma che ne sai tu. la storia si costruisce cosi, anche nell'assenza.
all'inizio ero felice che qualcuno pensasse a me. mi dicevo che eri diverso da donato che mi ignorava per la tv, per la poesia, per i libri. ora sei proprio tu davanti alla tv... proprio quando pochi minuti prima piangevo. squilibrio ormonale dici. che cazzo ne sai dello squilibrio ormonale. invece non è cosi. oggi, come sai, sono andata dalla psicologa. oggi ho fatto un passo avanti in fondo ai miei incubi. se tu fossi diverso magari ne avremmo parlato insieme. ma sei distratto e superficiale. e poi certo c'è lo squilibrio ormonale, come no. che cosa scomoda le donne. fanculo denny. fanculo.

san valentino

Quando si intrecciano le ombre non c’è più scampo, si sa.

Quando è san valentino neppure. Come quella terracotta ottusa piena di fiori secchi, ancora nel cellophane dopo tanti anni. Quel messaggio freddo e subito.

Non ho mai voluto nessuno da quando ho ricordi. E sono tanti e troppi. Come l’olio che resta sul fondo del fusto, denso e inquietante. Questo è quello che ricordo. Quel volere fuggire di casa, sempre e a tutti i costi. Le prime volte osavo quei cinquanta metri, a volte cento. I campi conosciuti si aprivano inesorabilmente su nuovi orizzonti.

[La vita ci prende subito, come lo scivolo a tubo del parco acquatico. Devi mantenerti dritto e impotente. I secondi sfrecciano sulla pelle. È un attimo di preghiera.]

Poi un giorno ho infilato un bacio ed è stato subito San Valentino. Come uno scherno puntuale. Sto ancora e sempre sfuggendo da cosa…

Il foglio bianco è come Michelangelo che sfiora il marmo prima di liberarlo. Come quell’attimo nello scivolo ci si chiede se l’idea corrisponderà al mondo.

Cosi ci sono scritti più o meno riusciti. Scritti strappati al turbinio degli eventi. Scritti paralleli che disperano la coscienza. Quel grido si’ conosciuto e si’ temuto. Quando trenta giorni passano in silenzio mi chiedo se sia diventata sorda. Poi qualcosa si muove come un calcio nel ventre. Mi metto tranquilla come una carezza.

Poi succede che è san valentino e mi ricordo che l’anno è rotondo.

A scuola si dice che c’era un tempo in cui si poteva imparare da ieri per domani : in quel tempo si disegnavano medaglioni rotondi sui calendari di pergamena. Si riempivano di immagini rassicuranti come il cinghiale che a dicembre corre davanti al cacciatore.

Ma un giorno ho trovato un medaglione nuovo, era maggio ed un maestro insegnava ad un discepolo, forse. Questo basta per far crollare la corolla : la variabile. Già. La variabile, dice bene Margherita. Dice bene l’archeologo a scuola, il prof. di informatica, [proprio cosi’].

È il quattordici febbraio ed il destino spinge alla porta. Non c’è più tempo, nemmeno per prendere il treno, nemmeno per correre nei campi a cercare il primo orizzonte.

Cosi, lo scivolo insegna, stringo le braccia lungo i fianchi e preparo la matita. Stanotte il bianco trasuderà l’anima. E l’inchiostro disegnerà l’idea.

10.2.07

denny

Capelli al bulino
è quel tuo dondolare
quieto
lo sguardo.
Dove si raccoglie
la schiuma
si stringe più forte
il sapore di te.

20.1.07

soutenance

Come al solito arrivo sparata, il bouquet bianco e rosa in mano. Nell’ingresso della Maison de Recherche madre e figlia si voltano a guardarmi. Sono la famiglia di Jeong-Min, si capisce. Infatti arriva, con quella sua andatura dondolante che ti viene voglia di darle il braccio. Oggi è il gran giorno, davanti alla commissione sfila il lavoro di dieci anni di ricerca. La comunità coreana del tredicesimo arrondissement sembra essersi riunita dietro le fragili spalle della mia amica. Siamo in tre occidentali, conto (e lei comincia a parlare, ma tanto non ci capisco nulla).

Penso solo che tra pochi giorni riprenderà l’aereo e Parigi mi sembrerà più vuota e più Parigi. La terra di tutti, degli uguali e dei contrari. E di quelli come me, che si sentono, a giorni, più uguali a ieri, più contrari lo stesso. Tanto è la solita storia, vanno via tutti. Aerei o treni che importa, si va-si viene-si torna. Si riparte, si ritorna. Per ora io resto, ancora un poco.