17.11.07

silenzio

passo dopo passo si sfila la trama, come se avessimo sempre lo stesso vestito.
perché coprire il senso e scoprirlo impegni tutto il tempo da vivere. perché non si conti l'attesa ostinata.
oggi ti lascio parlare, perché la psicologa ha detto che mi stanca. che puoi parlare poco. allora parla oggi mentre me ne sto qui muta sul divano rosso. ed il tempo passa lo stesso. questa è la mia vittoria : lasciare passare il tempo che non ho voluto.
non appena poggio le dita sulla tastiera comincia la danza. cos'altro vuoi che sia questa scrittura. un modo per tenerti calma, ogni tanto. per costringerti su binari unti e strapparti al cielo.
questi sono i binari in codice binario dove puoi correre e inebriarti come senza la camicia di forza. quella degli altri giorni. che ti sta bene. che ci sta bene.

15.11.07

Da qualche parte sopra l'arcobaleno

Che canzone come una favola. Sai quando le favole si spengono piano nell'orecchio, la sera. Mentre qualcuno ti tiene la mano mentre scivoli sotto il buio. Come fare, più tardi, ad avere paura del buio? Proprio allora quando il mondo si disegna, come il fiocco di Koch... quando lo spazio ti viene incontro e si dilata. Si rigira, si sventra, si accascia e si rigonfia. Come avere paura del capogiro, se le mani sono strette sotto le coperte e sai che alla fine della notte c'è un nuovo mattino pungente al campo. Un tesoro da disotterare, altre rondini da contare.
Questo è ancora mentre incalza la morte col suo passo freddo, come il fiocco di Koch.
Ma i bambini sapienti si occupano solo di cose serie. C'è un formicaio da salvare prima che passi il gregge. Una pozzanghera da abbellire con fiori di pesco, ed i fiori al limone nel cestino di metallo rotondo.

14.11.07

La squadra

il campo dei miracoli, quindi, si poteva correre in quattro minuti precisi. periodicamente arrivava il concime, una massa enorme di detriti pescati sul fondo del mare. almeno cosi' sembrava. spugne e conchiglie, boccette di vetro e cannucce di plastica. frammenti di momenti estranei. camminare sul mucchio di spazzatura era come sfogliare un album che non ci apparteneva. immaginare la storia di ogni boccetta, ricostruire  mentalmente l'attrezzo di plastica gialla. chissà perché avevamo pensato al mare, forse per via delle spugne.
insomma un giorno che arrivavamo di corsa il campo era mare. vi si trovava di tutto. per quello lo chiamammo "il campo dei miracoli".
li' ci si poteva convincere di seppellire un'idea, un sogno, anche un ricordo. sicuramente sarebbe nato l'albero che pinocchio sperava. con tante foto di mamma come specchietti per le allodole.
al campo si correva in segreto, dopo un sussurro sbrigativo fra piccole orecchie.
dal campo partiva il mondo. finiva la realtà e cominciavamo noi.
Fu cosi' che nacque la "squadra", dopo il giuramento con le mani sulle ragnatele come prova di coraggio. L'unico scopo era di proteggere la squadra stessa (ed il campo).